LA PSICOLOGIA SENZA ANIMA
Di Luca Militello
La storia della psicologia, per come viene intesa al giorno d’oggi, è relativamente recente. La grande trasformazione che ha subito è collocata senza dubbio nei metodi di studio e diagnosi che, da un certo periodo storico in poi, si è cercato di mettere in atto per riuscire a rendere le diagnosi sempre più categorizzabili, ovvero caratterizzate da sintomi precisi che più o meno inequivocabilmente collocano il paziente in una determinata fascia di problematiche.
Questo metodo di studio e di individuazione delle cause scatenanti una malattia o disturbo, fa parte del cosiddetto “metodo scientifico” che, sostanzialmente, inferisce le proprie conclusioni da una attenta osservazione dei comportamenti, valutazioni, azioni e disagi che gruppi di persone hanno quando si trovano a dover affrontare certe condizioni di stress che vogliono essere studiate dai ricercatori.
In tal modo sarebbe possibile, a fronte di un insieme di sintomi rilevati, individuare una patologia e collocarla sistematicamente entro un quadro clinico sempre più preciso.
Non mi dilungherò sulla varietà e modalità degli esperimenti che vengono attuati, non essendo l’oggetto di questo scritto, ma che comunque sono facilmente reperibili nell’ambito degli studi sulla ricerca scientifica.
L’unica precisazione che inizialmente è importante fare, in quanto chiarisce maggiormente il proposito del seguente articolo, è che anche nell’ambito scientifico in merito alla catalogazione delle varie patologie, si è sempre più consapevoli di quanto sia difficile “etichettare” in maniera precisa e univoca i vari disturbi (appunto inserire un paziente all’interno di una sola categoria di disfunzioni), essendo questi il più delle volte sfumati, ambigui e soddisfacenti contemporaneamente più diagnosi diverse.
Per questo motivo si è introdotto e se ne fa sempre più utilizzo, nella fase diagnostica della problematica del paziente, del cosiddetto sistema dimensionale, che rende meno rigidi e più flessibili i confini tra le varie diagnosi, permettendo una maggiore adattabilità di giudizio (oltre che di interpretazione) e individuazione della patologia che diviene più descrittiva e meno sistematizzata.
Quanto appena detto è doverosamente un breve accenno a quelle che sono le metodologie che vengono applicate per lo studio delle patologie psichiche; con la rapidissima evoluzione tecnologica è peraltro divenuto possibile effettuare studi sempre più specifici e precisi (attraverso esami come la Pet, Tac, Risonanza magnetica, ecc.) sul funzionamento del cervello, del sistema nervoso e, in generale, dell’intero corpo umano. Questo, senza dubbio, ha portato un grande contributo nella individuazione dei sintomi fisiologici e neurologici che accompagnano una patologia psichica, nel senso più ampio del termine.
Nonostante tutto questo grande movimento che ogni giorno porta alla scoperta di informazioni sempre più dettagliate in merito al funzionamento della meravigliosa macchina che è il corpo umano; nonostante si comprendano sempre più a fondo le relazioni tra i vari elementi che entrano in gioco negli scambi continui e dinamici all’interno del nostro organismo e che ne consentono quel suo magnifico e delicato equilibrio; nonostante tutta questa conoscenza sul funzionamento meccanico che spiega i processi di scambio tra le varie componenti della nostra struttura organica, rimane nella maggior parte dei casi senza risposta la domanda che ci si pone quando sopraggiunge uno squilibrio, soprattutto nel caso dello studio della patologia psichica.
In questa ipotesi, infatti, come accennato sopra, è sempre più chiaro quali siano gli effetti della malattia a livello fisico e neurologico, ma non è affatto chiaro se quell’effetto che sopraggiunge fisicamente sia la causa oppure se lo squilibrio organico in atto sia solo la conseguenza di qualcos’altro.
L’ultima considerazione appena espressa è di fondamentale importanza per il lettore che vuole comprendere il tema principale che si vuole affrontare. Per tale motivo è bene approfondirne il significato prima di proseguire.
Come dicevamo, è innegabile che gli ultimi decenni abbiano portato ad una spinta decisiva verso lo studio del funzionamento del corpo umano, del sistema nervoso e dei meccanismi che lo regolano. Questa spinta è stata alimentata anche dalla crescita esponenziale delle scoperte tecnologiche che, come già anticipato, hanno consentito di ampliare gli studi medici in tutti i settori.
Anche la Psicologia e la terapia psichiatrica stanno cercando di utilizzare sempre più questi nuovi mezzi, tentando di comprendere meglio alcuni aspetti del funzionamento psichico e dare risposte a tematiche che, pur riguardando anche la sfera fisica dell’individuo (nel caso specifico il cervello), sono per loro natura non tangibile (come ad esempio il concetto di mente ) e residenti in altre “zone” non ben definite dell’essere umano.
La permanente non definizione di cosa o dove siano queste “altre zone” che non sono identificabili precisamente in un punto specifico del corpo e che quindi, proprio per questo, difficili da concettualizzare in maniera concreta, rendono lo studio della Psiche molto più complesso rispetto ad altre discipline mediche dove, per forza di cose, il riferimento e l’oggetto di intervento è sempre e comunque il corpo fisico.
L’allontanamento della Psicologia dalla Filosofia, dalle discipline olistiche e dallo studio del Cosmo, avvenuto consapevolmente e per scelta degli studiosi di poco più di un secolo fa, ha orientato progressivamente il senso dello studio di questa disciplina verso un ambito puramente fisico e organico. La scelta è stata fatta in quanto si presumeva che fosse necessario fare della Psicologia una materia “scientifica”, al pari della chirurgia, della fisiologia, e di tutte le altre materie incluse in quell’insieme identificato dall’approccio che viene applicato allo studio dei fenomeni, senza tener conto che quella scelta stava tralasciando un elemento fondamentale che governa i processi dell’individuo e che risiede nel Mondo Spirituale.
Stiamo parlando di un elemento, l’Anima, che, lungi dall’essere marginale e ininfluente nello studio di questa materia, ne è invece la base e la causa, essendo il principio primario che organizza e conforma la vita intrapsichica.
Il grande conflitto della Psicologia nasce dal volere sistematizzare diagnosi e patologie creando una base di studio scientifica che consenta di incasellare sintomi e disturbi, cercando di creare un sistema universale di individuazione della problematica che possa essere applicata al numero più largo di individui. Il tutto, estraneandosi da quella scomoda parte dell’individuo che, non appartenendo al mondo fenomenico direttamente misurabile con i sistemi usuali, viene appositamente esclusa valutando evidentemente come poco importante il suo influsso.
Tutto ciò fino al giorno d’oggi, come detto, viene attuato attraverso il metodo cosiddetto scientifico, con le peculiarità accennate in precedenza.
Essendo il metodo scientifico attuale basato unicamente sulle trasformazioni che avvengono a livello fisiologico, è ovvio che la Psicologia è la scienza che più risente di questo contrasto, in quanto non può (e come potrebbe farlo?) spiegare e curare patologie che hanno a che vedere con altre sfere (non ancora riconosciute) dalla stessa scienza.
Oggi, nella maggior parte dei casi e nelle ipotesi migliori, si fa riferimento al termine generico “emozioni” per identificare qualcosa che, pur essendo evidente e condizionante la vita di un individuo, non è quantificabile e misurabile. Allo stesso modo ci si riferisce alla mente senza provare a dare un significato più preciso alla sua funzione e al nesso che la connette all’Anima; questi aspetti rimangono dunque oggetti misteriosi che si cerca di modulare, nel caso del malessere di un paziente, attraverso metodi e tecniche che consentano all’individuo di ritrovare un equilibrio, anche se temporaneo.
Freud tentò di strutturare l’idea del mondo interiore individuale attraverso vari tentativi e modifiche del concetto di Preconscio, Conscio e Inconscio. Così come pure Jung arrivò ad ipotizzare, tra le altre cose, il concetto di Inconscio Collettivo.
E altri, dopo di loro fino ad oggi, partendo da queste basi più o meno accettate, tentano di dar vita a nuove teorie, concetti che spesso sono talmente complicati e paradossali, da rendere lo studio ancora più astruso e inapplicabile.
L’origine di questa grande impotenza a livello di comprensione ed intervento di fronte a certi disagi e malattie, è da attribuire soprattutto a quella scissione avvenuta proprio all’interno della Psicologia, dove si è abbandonata la natura ed il senso per cui questa Scienza era nata, ovvero per lo studio dell’origine e del funzionamento dei meccanismi con cui l’Anima si manifesta attraverso l’individuo.
Allontanandosi dal significato più ampio della Vita, cercando a tutti i costi di trovare un metodo generale che consenta di curare i pazienti che accusano certi sintomi, si sta procedendo verso una sorta di semplificazione e unificazione dei trattamenti riservati ai pazienti stessi.
Tutto ciò, anzichè portare una maggiore efficacia ed efficienza del sistema di cura, determina invece uno svilimento ulteriore della persona sofferente che, a fronte di specifici malesseri, viene trattata secondo un protocollo più o meno riconosciuto ma che non tiene conto del più ampio Movimento che l’Anima sovrintende.
Oltre il corpo fisico
Fino a quando si continuerà a considerare soltanto i fattori che influenzano l’essere umano dal punto di vista organico, non sarà possibile studiare più a fondo il vero funzionamento di tutto l’apparato che appartiene all’individuo. E questo aspetto ha un impatto tanto più forte quanto più sia radicato l’intento di rifiutare i meccanismi “invisibili” di cui l’uomo è composto.
Ciò che è già affermato in altri articoli e non solo quelli già redatti dal sottoscritto, ovvero che il corpo umano è solo una parte della totalità dell’individuo, è ancora più importante e utile da approfondire nel metodo di indagine della Psicologia, che si trova a stretto contatto con questo campo di analisi.
Il riconoscimento e lo studio approfondito di come il corpo fisico dialoghi e si rapporti con quella che è la sua parte “invisibile” o spirituale, da cui trae forza, spinta e motivazione, è di radicale importanza per comprendere meglio che cosa accada sia in uno stato di equilibrio della persona, che di specifico malessere e disagio.
Stiamo parlando quindi di un qualcosa che non ha significato secondario nella diagnosi del disagio psichico, ma di valore sostanziale nel determinare quale processo sia in atto in quel momento all’interno del paziente.
Ripetiamo che l’importanza di questo tema non è circoscritto ai soli disagi che vengono studiati in ambito psicologico, in quanto la correlazione tra fisico, emozioni, mente e anima è un principio che dovrebbe essere applicato in qualunque sfera della vita della persona. Qui lo stiamo sviscerando in maniera più incisiva in quanto la Psicologia ufficiale, essendo la disciplina che si propone proprio di andare ad alleviare i disagi cosiddetti “mentali”, non ne tiene minimamente conto.
Le conseguenze di questo genere di approccio che esclude l’esistenza di altri fattori che non siano strettamente legati alla sfera fisica, ha una serie infinita di conseguenze ed interpretazioni quantomeno discutibili su quelli che sono i disagi manifesti della persona.
Partire dalla condizione fisica senza avere considerato la controparte che tiene in vita la persona e da cui nasce il proposito stesso della vita, ovvero l’Anima, fa perdere le tracce sulla motivazione e il senso del disagio.
Ecco perché, ricollegandomi all’introduzione iniziale, è decisamente impossibile collocare una persona all’interno di una categoria patologica senza prima avere esaminato la qualità e la specifica “condizione animica” del paziente.
In poche parole, è assolutamente possibile e probabile che individui con gli stessi sintomi, se studiati solo su un piano fisico e neurologico, siano affetti da patologie completamente diverse.
Questo perché quel disagio non deriva direttamente appunto dalle problematiche fisiche o neurologiche; tali effetti sono determinati proprio da qualche processo energetico che si svolge su una dimensione invisibile ai sensi comunemente riconosciuti (ma non a quelli dell’intuizione), i cui effetti si manifestano poi inevitabilmente e in maniera naturale nel corpo fisico.
E’ possibile quindi che l’effetto sul corpo fisico (il disagio) sia apparentemente lo stesso, ma la sua causa abbia significato sostanziale diverso. Una prima conseguenza di questo modo di osservare la condizione dell’individuo consente di comprendere come mai , per esempio, pazienti con la stessa problematica reagiscono in maniera differente ai trattamenti. Oltre alle ragioni fisiche, temperamentali, ambientali e di relazione (che già giustamente vengono considerate in ambito clinico) ce ne sono altre, di cui ci qui ci occupiamo e che hanno a che vedere con la sfera animica, che vengono tralasciate determinando un significativo vuoto nella diagnosi e nel trattamento.
Quanto appena detto, tra l’altro, indica delle tracce ben precise di risposta alla domanda (che giustamente si pongono gli studiosi) cui accennavamo inizialmente, ovvero se la condizione organica o neurologica sia causa o effetto del disagio.
In base a queste considerazioni è evidente che il campo fisico (inclusivo ovviamente della sfera nervosa) risente e si conforma in base a quanto avviene nel piano dell’Anima, nel bene e nel male. Lo squilibrio rilevato quindi sul lato fisico (conseguenza) è coerente con l’origine dello stesso, ovvero l’interazione con l’Anima (origine).
Esistono pochissimi disagi che nascono completamente nel corpo fisico, e comunque hanno sempre una interazione determinante con il campo energetico dell’Anima.
Praticamente per tutte le condizioni che stiamo considerando, non si può favorire una vera terapia se questa non includa la presenza e lo studio della parte animica dell’individuo.
Nella pratica della cura psichica si tenta di modificare la vita della persona verso quella che si pensa sia la direzione che l’individuo dovrebbe intraprendere. La direzione è dettata da condizioni che, nella media, dovrebbero essere quelle ‘normali’ e a cui la persona dovrebbe tendere.
Ma questo volere ‘condurre alla normalità’ è esso stesso un aspetto del malessere (a cui spesso molti pazienti si ribellano con conseguenze drammatiche per loro) in quanto non viene effettuata una indagine ad un livello più profondo e talvolta innominabile o sconosciuto, che consenta di cominciare a percepire, comprendere, studiare e, di conseguenza, favorire, quella che è la reale strada che la persona chiede di imboccare nella propria esistenza.
E’ facile capire che, non interpellando l’Anima ed evitando di entrare in contatto con la sua essenza, non solo possiamo non riuscire a dare il nostro contributo per un buon effetto terapeutico, ma la nostra “cura” potrebbe essere addirittura dannosa.
Potremmo indurre il paziente a dirigersi verso lande desolate di cui la profonda volontà della sua Anima non necessita e non desidera, con conseguenti gravi effetti come la depressione.
Lo studio con cui l’Anima si manifesta attraverso la sua controparte fisica è quindi di fondamentale importanza. La Scienza della Psicologia, aprendosi o riaprendosi a questo campo di indagine, potrà contribuire a rendere effettivamente “scientifica” (intendendo qui la forma più evoluta di questo termine) la metodologia usata per indagare le sfere dell’Anima.
I metodi di studio devono essere aggiornati e integrati con quelli fin qui già acquisiti (e che hanno prodotto mirabili e significativi progressi nel campo fisico), riconsiderando ciò che molti Saggi nella storia dell’Umanità hanno offerto e condiviso come conoscenze che sono state spesso banalizzate e catalogate come insoddisfacenti e inapplicabili.
Ricordiamo che tali insegnamenti non solo sono stati tramandati e volutamente resi accessibili a tutti, ma sono anche il risultato degli apprendimenti e dei risultati che questi Esseri hanno raggiunto nella loro vita e che, per tale motivo, hanno lasciato come preziosa eredità.
La Psicologia si confronta costantemente con questi stessi aspetti della persona nella sua totalità, utilizzando termini come emozione, mente, insight, e ritenendo spesso di aver introdotto nuovi concetti che prima non esistevano. Ma se questi elementi venissero comparati e rapportati alla Scienza Spirituale tramandata nei secoli attraverso la Conoscenza in tutti i campi del sapere umano, probabilmente si scoprirebbe come tali principi siano già stati ampiamente trattati, spiegati e condivisi nell’insegnamento spirituale (ben più antico), e corrispondenti ad esempio a ciò che viene nominato come corpo emotivo, corpo mentale, intuizione.
Quegli stessi Insegnamenti non sono mai tramontati e, ancora oggi, sono accessibili e applicabili nella vita di ognuno, e non attendono altro che di essere confrontati e integrati alle conoscenze già verificate e dimostrate.
Credere e rendere plausibile lo studio dell’Anima non implica l’appartenenza ad una religione o a un movimento spirituale, ma allo stesso tempo è necessario inoltrarsi nell’essenza del significato del termine ‘Spirituale’ per comprendere quanto tangibile sia il suo reale senso nella vita di tutti i giorni.
L’Anima è un fatto concreto, non è un’idea o una ipotesi. La sua esistenza deve poter trovare conferma anche in ambito scientifico e terapeutico, essendo il cardine fondante della vita.
Per attuare questo processo è necessario conoscere, sviluppare e mettere in pratica dei metodi che oggi, lentamente ma inesorabilmente, stanno acquisendo importanza e valore.
L’insegnamento relativo all’Anima e al suo funzionamento rende certamente il processo di terapia e cura più complesso e individuale, ma la complessità è relativa solo al fatto che ad oggi semplicemente questo aspetto dell’individuo non viene considerato ed è quindi una novità, almeno in ambito accademico.
Quando diverrà argomento di indagine potrà aprire delle comprensioni che sono molto più utili, logiche e significative di spiegazioni che, ad oggi, lasciano larga interpretazione e spesso non aiutano il paziente in quella che può diventare una vita di agonia e di solitudine alleviata talvolta solo da farmaci che attenuano i disturbi, spesso inibendo le attività psichiche e motorie dell’individuo, senza però risolverli.
La messa in atto di questo tipo di integrazione nella terapia è alla portata di tutti quelli che desiderano con sincerità, profondo desiderio di bene non egoistico e consapevolezza andare oltre le spiegazioni che la sfera materiale offre, ma ancor di più deve e può nascere inevitabilmente dai terapeuti stessi (molti dei quali operano già con questo intento) che, riconoscendo l’importanza e il significato di quanto affermato, cominciano essi stessi a prendere coscienza della propria condizione e qualità energetica e della connessione con la propria Anima.
Senza questo passo preliminare importante per sé stesso e per le persone con cui viene in contatto, il terapeuta non può conoscere e fare esperienza di quello di cui abbiamo parlato fino ad ora.
La nascita, la ripresa e la diffusione di questo genere di Insegnamenti potranno poi essere riconosciuti e introdotti anche in ambito accademico, attraverso gli stessi processi di formazione e finanziamento di gruppi di ricerca che si propongono di indagare ambiti ancora poco conosciuti come nel caso della fisica quantistica o dei viaggi interplanetari, o per debellare malattie incurabili.
E’ chiaro che, in funzione di questo nuovo orizzonte è necessario intraprendere un percorso di studio, apertura, sperimentazione e approfondimento delle basi che regolano il piano spirituale, arrivando progressivamente alla conoscenza e all’utilizzo degli strumenti adatti al genere di comprensione che ha a che vedere con la dimensione dell’Anima.
A questo proposito va sottolineato che, come in qualsiasi ambito di studio e di pratica esperienziale, deve essere attuato un grande sforzo di volontà e di spinta genuina nel volere comprendere le Leggi a cui l’Anima obbedisce.
Mettersi in gioco e cominciare ad indagare gli influssi che provengono dal piano spirituale è un passaggio molto delicato e individuale che non richiede solo una grande attenzione per gli studi e le ricerche che vanno in quella direzione, ma è fondamentale, nel tempo e in virtù del proprio percorso di vita (regolato guarda caso dalla propria Anima), acquisire e riconoscere quelle che sono le facoltà latenti che ognuno possiede e che offrono l’opportunità di comprendere e vedere quali siano le relazioni tra la vita nel piano fisico/materiale con la vita invisibile del piano spirituale.
In questo articolo non si è fatto appositamente cenno a quelli che sono i metodi e le modalità di studio e pratica per iniziare un lavoro di dialogo con la propria Anima; l’intento qui è semmai quello di riportare l’attenzione verso l’esistenza, la presenza e la possibilità di fare esperienza diretta con la propria Anima in maniera pratica ed evidente.
E’ compito di ogni lettore e serio ricercatore capire se questo tema risuoni e quanto sia importante nella propria esistenza, come pure se tale richiamo acquisirà importanza nella visione della vita dell’individuo, oppure rimarrà argomento privo di stimoli e di significato.
Nella prima ipotesi forse egli sentirà una spinta ad andare nella direzione di voler aprirsi senza condizioni verso questo nuovo stimolo, e cercherà egli stesso le strade che gli consentiranno di dischiudere la porta che lo condurrà, prima o poi, alle esperienze e risposte che cerca.
Diversamente, il tema dell’Anima rimarrà ancora inafferrabile e non tangibile, sfuggente e non attinente alla propria vita e quindi (momentaneamente) accantonato.