“L’India e la formazione di un Io sano (Pudgala)”

 

Articolo appartenente ad una delle Prefazioni del Libro "TANTRA" di Rudra (Luca Vincenzini) 

 

La nascita del concetto di “Io”, dal punto di vista della psicologia moderna, risale sostanzialmente alla psicoanalisi di Freud, ovvero quando egli iniziò a tracciare i capisaldi di quelle considerazioni che poi permasero tali per tutta la sua vita. Sebbene le componenti teoriche, di cui anche la nozione di “Io” fa parte, siano state ricollocate e rimodellate all’interno del pensiero freudiano sviluppatosi in base all’esperienza clinica maturata sul campo, ci sono delle considerazioni generali che possono essere fatte sul concetto di “Io” da lui delineato. Nella teoria psicanalitica, che aveva come obiettivo lo studio delle dinamiche interiori della persona, l’Io è l’elemento psichico che assume il compito di fare da intermediario tra l’ES (l’inconscio) ed il Super-Io (una sorta di “coscienza morale” con cui l’Io deve confrontarsi nel rapporto con il mondo). L’Io, quindi, è quel nucleo centrale dell’individuo, che rappresenta la componente di coscienza incaricata di gestire e rispondere sia alle richieste provenienti dall’inconscio (quei “vortici di energie” in continuo movimento e non controllabili in maniera cosciente, quali le pulsioni, i desideri, etc. che cercano di trovare libera espressione), sia al principio di Realtà morale imposto dal Super-Io, che si origina dal potere condizionante genitoriale. Da tale attrito sorgono gli inevitabili contrasti e conflitti generati dalla costante mutazione di questi due ambiti coscienziali, i quali poi vengono mascherati e gestiti attraverso i meccanismi di difesa, individuati dalla Psicologia, di cui l’Io cerca di avvalersi. Per la Psicologia Accademica, quindi, l’Io rappresenta un pilastro centrale nella vita e nello sviluppo dell’essere, in quanto è l’elemento cardine attraverso cui la coscienza dell’individuo risponde alla realtà in cui è immerso. La definizione pocanzi introdotta, secondo la concezione psicologica, è per forza di cose parziale in quanto, come affermato in precedenza, le proprietà e le funzioni attribuite all’Io possono discostarsi in maniera anche significativa nei vari autori e ricercatori in tale ambito. Al concetto di “Io” viene così affiancata, nei vari modelli teorici, la funzione del “Sé”, il quale, da un punto di vista alquanto convergente nel mondo della psicologia, rappresenterebbe la componente psichica dell’individuo che si sviluppa nel corso dell’esistenza grazie alle esperienze vissute. L’Io, in tale ottica, è una componente del “Sé”. Perciò come ipotizzato da Jung, mentre il Sé include le componenti consce ed inconsce della personalità, l’Io rappresenta il centro della mente cosciente che interagisce e risponde a tutte le correnti psichiche. Jung cerca di andare oltre, attribuendo un significato esistenziale al Sé, una sorta di “realizzazione” a cui si tende nella vita, una sublimazione armonica delle varie componenti dell’essere umano. Per Jung, il Sé preesiste rispetto all’Io, e quest’ultimo dovrebbe fungere da strumento di realizzazione volto al compimento del primo. Il Sé viene investito, così, della funzione chiave dell’attività psichica a cui l’Io dovrebbe gradualmente sottostare ed adeguarsi. Jung aveva indubbiamente intuito l’esistenza di qualcosa di superiore alla sola dimensione fisica dell’uomo, un piano di connessione psichica, condizionante ed ispiratore, comune agli individui e che lui espresse attraverso la teorizzazione dell’Inconscio Collettivo e degli Archetipi.

 

La Psicologia si è soffermata doverosamente a lungo sui fattori relativi al funzionamento dell’Io, tentando di comprenderne l’importanza ed il ruolo nella vita dell’individuo. Tutto ciò è avvenuto con l’idea di fornire definizioni adatte a descrivere le patologie che affliggono le persone in base al manifestarsi dell’Io stesso, per esempio: si attribuiscono i sintomi della schizofrenia alla perdita dei confini della persona con una conseguente diminuzione della valutazione del campo di realtà. Anche Schneider, psichiatra tedesco di fine ‘800, è concorde nell’affermare che, alla base del delirio, esistano dei disturbi delle barriere dell’Io, il quale in qualche modo perde il suo senso d’identità. Otto Kernberg, nell’ambito delle teorie psicodinamiche, parla di tre tipi di organizzazioni della personalità: la nevrotica, la borderline e la psicotica, e fa questo in riferimento preminente al grado di capacità dell’Io di essere cosciente della realtà ed al tipo di relazione che riesce ad attuare con la stessa. Ci sono moltissime altre teorie e studi che cercano di descrivere le funzioni dell’Io e le sue relazioni con il mondo. Tale continua ricerca ha, nella maggior parte dei casi, tentato di rappresentare le componenti della persona, facendo questo attraverso l’osservazione delle reazioni esteriori dell’individuo e delle conseguenti ipotesi sugli accadimenti interni allo stesso. Il tutto però senza trovare dei metodi concreti per entrare in contatto diretto con la Sorgente psichica (il Sè) di cui esso è composto; questo avvenne in linea di massima per la stragrande maggioranza degli psicanalisti, tranne per alcuni tentativi fatti da Freud per mezzo delle metodologie ipnotiche di cui si avvalse, e ciò con risultati controversi. A mio avviso, manca, nell’applicazione del metodo scientifico perseguito da tali indagini, la considerazione della componente vitale, che è indispensabile per poter comprendere meglio le varie istanze attraverso cui l’essere si esprime. Spesso si assiste, nell’intento di fornire una rappresentazione teorica che possa esporre in maniera esaustiva la natura dell’uomo, ad una crescente complessità di fattori ed elementi che, poi, nelle varie spiegazioni ad un certo punto sembrano quasi confondersi tra loro, finanche a confliggere, come per esempio i concetti: di Io, di Sé, di personalità, di formazione del carattere, etc. Di solito ci si limita, nello studio dell’essere umano, a sondare solamente  quelle condizioni che lo caratterizzano nella realtà organica e nel momento storico relativo alla sua esistenza, senza peraltro riuscire a contattare pienamente, come affermato in precedenza, quella sorgente di vita (componente vitale-Kuṇḍalinī) attraverso cui esso sperimenta e valuta le proprie esperienze.

 

Al contrario, per tracciare la via alla totalità dell’essere, è necessario ma non sufficiente osservare e misurare tutti i parametri ritenuti oggettivi nella persona come: il grado di reattività, il carattere, l’impulso emotivo, il battito cardiaco, la potenza del flusso sanguigno o le espressioni fisiche. Si ignora, così, riducendo tutto alla vita organica, la possibilità concreta di colloquiare direttamente con l’Io della persona, quale agente protagonista e primario rappresentante dell’essere. Il modello di approccio voluto dalla Psicologia Ortodossa, da una parte, limita seriamente il tipo di inferenze che si possono attuare rispetto alla presenza e alla sostanza dell’Io e, dall’altra, rende molto più confuso lo studio di questa materia, essendo l’Io stesso caratterizzato da molti altri cofattori che provengono dal mondo dello Spirito. Per questa ragione, ad un certo punto, alcuni studiosi, psicologi, psicoterapeuti e psichiatri, di cui Assagioli è stato uno dei capostipiti, resisi conto dell’esistenza di questa altra Realtà Superiore, hanno introdotto nelle loro teorie l’elemento trascendente, intendendo con esso ciò che oltre la natura dell’individuo si estende ben al di là dei confini fisici a cui la scienza si ancora. Essi, di pari passo alla teorizzazione, hanno sperimentato dei percorsi concreti e proposto delle metodologie serie come la meditazione (Dhyāna) e l’ascolto interiore (Ātmā Vicāra), adatte perciò al fine di riuscire a stabilire un contatto cosciente e senza filtri con quella presenza interna di cui ciascuno di noi è permeato. Nella sua Psicosintesi, Assagioli, in relazione allo sviluppo psichico dell’essere umano, tende ad accostare l’Io al Sé, concependo una miscellanea che si evidenzia più come una presenza frammentata di questi fattori piuttosto che evidenziarne le differenti funzioni. Essi (Io e Sè) possono essere tra loro in conflitto ma anche in relazione, e potenzialmente sono in grado di confluire in un centro che nel tempo può integrarli tra loro ed accogliere tutte le istanze interiori (così come sono: Yathā Bhūta). Dalla frammentazione iniziale deriverebbero varie complicazioni sfocianti poi nelle diverse patologie, più o meno, conclamate. È però possibile comprendere la causa di questa frammentazione ed elaborarla attraverso percorsi di coscienza che includano tutte le sfere espressive umane. Il risultato di tale processo è la realizzazione del principio della Personalità Integrata (nota anche come Coniunctio Oppositorum in Jung), la quale sintetizza la fusione delle particelle psichiche (che Assagioli definisce sub-personalità), apparentemente slegate e lontane tra di loro, divenendo invece un nucleo armonico in grado di esprimere in maniera coerente le varie componenti dell’Io/Sé. Il processo di fusione di tali fattori avviene attraverso la progressiva trasformazione interiore, sollecitata dalla capacità di comprendere ed assimilare le esperienze a cui l’individuo è chiamato nella sua esistenza. Sebbene il risultato dell’Io così costituito sia un traguardo di per sé augurabile per la maggior parte degli esseri afflitti dai più disparati disturbi psichici, lo stesso processo può essere applicato alla crescita ed allo sviluppo di tutti gli individui. Ecco perché Assagioli, come precedentemente affermato, aveva ideato delle metodologie per il contatto e la conoscenza del Sé interiore quali strumenti di educazione ed esperienza diretta di quel piano di esistenza. Tuttavia, l’esperienza dell’Io, secondo l’idea di Assagioli in oggetto, è un passaggio momentaneo che deve condurre a degli sviluppi ulteriori. Il percorso proposto dalla Psicosintesi, e da altri movimenti ad essa affini, si avvale delle conoscenze e degli insegnamenti remoti che si rifanno alla visione spirituale dell’individuo, inserendolo in un contesto molto più ampio di quello attualmente considerato dalla scienza e dalla psicologia moderna.

 

Uno degli elementi più importanti di questa rappresentazione della Vita (componente vitale nella persona), è che esiste una parte del nostro essere che sopravvive alla morte e che è già presente prima della nascita, e il cui grado evolutivo, grazie all’esperienza terrena, si accresce sempre più. La legge di Causa-Effetto (o Legge del Karma) è uno tra i tanti costituenti che concorrono, secondo tali correnti umanistiche, alla formazione dell’Io/Sé, senza lo studio della quale risulta, concretamente, difficile ipotizzare dei modelli che possano spiegare le varie componenti, soprattutto patologiche, dell’individuo. Il tema, a mio modo di vedere, che soggiace maggiormente alla formazione dell’Io, risiede nella capacità e nella possibilità di comprendere quale sia il passaggio evolutivo, in termini esistenziali (considerando anche le vite anteriori, includendo quindi il concetto di reincarnazione: Saṃsara) a cui la persona è chiamata. L’opportunità di leggere la conformazione dell’Io/Sé in base a tali fattori, diviene più ampia, e per di più molto più coerente, in quanto rispecchia esattamente le caratteristiche con cui l’individuo si esprime, come pure l’obiettivo (spesso non cosciente ma manifestabile) a cui egli anela in termini d’identificazione e spinta interiore. Come anticipato in precedenza, la formazione dell’Io e del Sé che aggrega le varie sub-personalità, secondo la concezione psicosintetica, rappresenta in altri termini l’identificazione completa dell’essere umano con il proprio Sé, inteso qui come personalità umana completa (Processo di Individuazione). Una volta compiuto questo processo, ne esiste un altro più ampio e superiore che attende la persona e che la condurrà, ad un certo punto, all’identificazione di sé con la sua parte trascendente e che potremmo chiamare in tale sede: Anima o Sé Superiore (Ātmā o Anātman a seconda delle tradizioni). Questa concezione ulteriore dello sviluppo umano concorre a produrre una vera e propria frattura tra la Psicologia Ortodossa e le teorie della Psicologia Trascendente, come la Psicosintesi. Il motivo risiede nel fatto che le scuole del trascendente si discostano dalla prima perché di fatto si basano sull’esistenza di una componente collocata oltre la sfera organica, ed ovviamente tale aspetto non è per nulla un dettaglio. Quando si realizza questo nuovo stato di consapevolezza, ancorata alla coscienza trascendente, le dinamiche dell’Io cambiano totalmente, così come i desideri e le necessità. La Psicologia Accademica, non valutando la presenza della componente spirituale, può trattare queste “diversità” come forme patologiche, ma tale valutazione può essere completamente fuorviante, essendo falsata dalla mancata conoscenza del campo trascendente. Ecco perché, è saggio ed opportuno in tale ottica, riscoprire il valore simbolico delle scienze dello Spirito (Ātmā Vidyā), della funzione animica dell’antica Astrologia (Jyotiṣa), come pure degli elementi filosofici (Darśana) da cui la Psicologia (Manovijñāna), pur essendosene affrancata, ha preso origine in passato. L’enorme contributo che questi fattori culturali hanno ancora da fornire, a tutti i settori dell’esistenza, è assolutamente innegabile. Da millenni gli antichi insegnamenti (Sampradāya-Tradizione) indicano all’individuo le varie tappe attraverso cui egli potrà operare dentro di sé queste forme d’identificazione interiore, attraversando opportuni stadi e trasformazioni psichiche.

 

I processi del risveglio (Bodhi) sono espressi magnificamente dalle seguenti affermazioni: “Io Sono” (Ahaṃ Asmi), “Io Sono Quello” (Ahaṃ Idam), “Io Sono Quello che Sono” (So Haṃ) e sono trattati anche da A. Bailey nel suo “Trattato sul Fuoco Cosmico”. È interessante notare come l’Io, in questo contesto, esprima, nelle varie tappe di crescita, la sua essenza secondo obiettivi e raggiungimenti differenti che passano attraverso identificazioni progressive verso la sorgente della Coscienza (oltre l’individuazione umana comune). Inizialmente egli deve portare a compimento lo sviluppo della propria personalità (“Io Sono”), successivamente ha come meta lo spostamento della sua coscienza nel campo dell’Anima (“Io Sono Quello”) ed infine la propria essenza si “perde” nella dimensione infinita dello Spirito (“Io Sono Quello che Sono”).  La Scienza dello Spirito non può tramontare perché è sorretta da Leggi Universali che permangono oltre il tempo e lo spazio. La Psicologia Accademica, se vuole davvero essere di supporto all’attuale e futura umanità, dovrebbe riappropriarsi di un tipo di visione (Dṛṣṭi) maggiormente consona a quella ancestrale espressa nell’atichità, evitando di rigettarla, ritenendola frutto di mistificazione e sorta da false credenze popolari che sono da abbandonare perché non comprovate scientificamente. Nell’aver tralasciato il contatto diretto con il mondo spirituale, in favore di una concezione quasi completamente analitica o meccanicistica del funzionamento della mente, dell’individuo e delle sue potenzialità, la Psicologia Accademica ha generato un processo di allontanamento non solo simbolico dalla Vita (componente vitale) ma anche dalla sua sostanza creativa (Ātmā-il Sè), cosa che purtroppo, minando l’equilibrio psichico umano, mette in pericolo l’incolumità del Pianeta e dell’intero genere umano.